domenica 8 gennaio 2012

Il controllo sottile. «Dal potere della tradizione a quello di tv e social network» di Davide Ferrante


Il 7 Gennaio del corrente anno si è svolta al Lux in Fabula, con Claudio Correale, la presentazione del libro di filosofia\sociologia  “Il controllo sottile. «Dal potere della tradizione a quello di tv e social network» di Davide Ferrante. Alla presentazione sono  intervenuti  l’autore stesso Davide Ferrante, Emiliano Esposito, direttore della testata online Epress, e altri collaboratori dello stesso giornale (che è stato presentato al pubblico in sala alla fine della presentazione del libro di Ferrante).
Davide Ferrante, musicista con la passione per la filosofia e la sociologia, ha deciso di scrivere questo libro per riflettere sul rapporto che hanno i nuovi media (e in special modo i social network come facebook e twitter) sulle generazioni odierne: la riflessione che ne è venuta fuori, a tratti sconcertante (come nel caso delle persone che si “assuefanno” e si lasciano dominare da questi ultimi passivamente), apre scenari piuttosto preoccupanti sull’uso distorto che si può fare di questi nuovi media.
Infatti Ferrante,  riprendendo alcune tesi di Michel Foucault contraddicenti la teoria “sovrastrutturale” di Marx, ipotizza una società dominata e controllata dal Potere attraverso delle “micro-strutture”, come appunto i social network moderni, che servono a  “corroborare” le macro-strutture che costituiscono lo Stato e che quest’ultimo utilizza per controllare le masse . Dice l’autore:
“Proprio l’attuale visione tecnocentrica, simbolicamente rappresentata dalla galassia informatica post-moderna, sembra dar ragione a Foucault; la rete di potere tecnologica, essendo protagonista dei micro-meccanismi sociali, influenzerebbe i macro-meccanismi dello Stato.”
Quello dei social network è un potere fortissimo, avverte F., e lo Stato se ne serve appunto per controllare, omologare ed “appiattire” culturalmente le fasce meno istruite della popolazione: infatti quando un popolo è omologato e in qualche modo drogato (dal potere dei social network, della religione o addirittura da uno sport, non importa) è più facile da controllare e sottomettere. La questione sui cui riflettere, infatti, è proprio questa: che l’omologazione e il controllo non avvengono più “dall’alto”, ma bensì “dal basso” del pc di casa o dell’ufficio che ormai consente a gran parte della popolazione di connettersi a Internet.
In una cultura dell’immagine come la nostra, l’omologazione passa per questi canali, ma anche e soprattutto dalla televisione che continua ad essere, popperianamente, “cattiva maestra”.
Ascoltiamo ancora F.:                                                   
“Non importa se si esce da una casa del “Grande Fratello”, da un’isola priva di risorse o da una fattoria dove si gioca a fare i “bucolici del terzo millennio”; non importa se non si hanno competenze di alcun tipo; anzi meglio. Infatti, i produttori (quelli che dovrebbero avere la “patente”), sanno bene che l’audience sale se forte è la componente “verista”, ingenua e, perché no, “kitsch”. […]
L’importante, si diceva, è “esserci”, cioè esser presente nel meraviglioso mondo propagandato dalla “Cattiva maestra televisione” che per moltissimi è occasione di realizzazione del proprio essere”.
Il Ferrante in particolare, citava il caso personale di un’utente di Facebook che l’aveva aggiunto per caso e che sembrava stare, pur lavorando ed avendo una vita sociale abbastanza “normale”, quotidianamente ventiquattr’ore su ventiquattro su questo social network. Oppure ancora c’era il caso di alcuni utenti che si lasciavano “prendere” così tanto dai giochi online di facebook o di altri siti, da spenderci addirittura soldi veri.
Tutto questo sembra essere  il trionfo della “civiltà dello spettacolo”, per citare un fortunato libro del passato, e nell’epoca contemporanea, in cui ormai tutti esigono il loro wharoliano “quarto d’ora di celebrità”, è addirittura fondamentale realizzare il proprio essere o almeno far credere agli altri di averlo realizzato e poi, magari, aggiornare il proprio “status” facebook esibendo la pseudo conquista ottenuta ad un mondo sempre più perversamente voyeuristico e gossip-dipendente.
Roberto Volpe

foto: F. Prota

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